in viaggio

 

 

la famiglia brambilla in gita sul treno espresso bardonecchia-casablanca-prossima fermata cairo-tutta festa tutti in vacanza doposci neve finta piste impianti di risalita la vuole la polenta signora?prenderei magari un aperitivo cè tutta una montagna la fuori sapete che aspetta di essere tagliata a pezzi


         

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Olè Coltrane

Consacrazione, liberazione, ascensione.

Il 1961 fu l'anno di grazia per John William Coltrane.

Era ormai affrancato dalle spire della droga (<<…sperimentai, per grazia di Dio, un risveglio spirituale. . . per gratitudine, chiesi che mi venissero concessi i mezzi per rendere felici gli altri attraverso la musica… >>), riconosciuto anche dalla critica più conservatrice, osannato dalle folle. La trionfale incisione di "Giant Steps", ma ancor più di "My Favourite Things" e "Summertime", avvenute pochi mesi prima, gli conferirono per la prima volta la possibilità di decidere il proprio percorso artistico.

L'introverso ragazzo di Hamlet era adesso pronto a spiccare il volo verso vette ancor più impervie. 1961. Il contratto con la Atlantic scade proprio all'inizio di quell'anno, il passaggio alla Impulse dona a Trane oltre che un supplemento di verdoni, la libertà di esplorare quegli universi che rappresenteranno la sua cifra per il resto della carriera, gli Amori Supremi, l'India, l'Africa. Proprio nel mezzo della registrazione di "Africa/Brass", proprio nel mezzo del divino operare, salta fuori un gretto cavillo del contratto con la Atlantic: la burocrazia parla ancor più chiaro dell'arte, bisogna sfornare un ultimo disco per la vecchia label, e anche subito. Due giorni, dico due, e il più prosaico degli intoppi produce uno degli episodi musicali più fulgidi del secolo andato.

                               

 

ascolta qua: john coltrane – Ole.ogg

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un passo indietro, forse di lato

“Certo, la critica è incisiva e tutto quanto, ma com’è possibile passare da questo mondo lugubre ad un’esistenza piena e genuina?” Penso che non dovremmo dubitare che questo viaggio sia possibile, né che l’esplosione necessaria per dargli inizio possa essere vicina.

graffitiIl pensiero della cultura dominante, come sappiamo, ha sempre affermato che la vita alienata è inevitabile. Infatti, la cultura o la civiltà stessa esprime questo dogma essenziale: il processo di civilizzazione, come ha osservato Freud, è il passaggio forzato da una vita libera e naturale ad una vita di continua repressione. Oggigiorno la cultura langue, desolata e logora, ovunque si guardi. Più importante dell’entropia che affligge la logica della cultura è però quella che sembra essere la resistenza attiva, per quanto appena abbozzata, che le viene opposta. Questo è il raggio di speranza che disturba la gara, altrimenti fin troppo deprimente, cui assistiamo per vedere se arriverà prima l’alienazione totale o la distruzione della biomassa.

Le persone sono imprigionate e messe alla ruota del vuoto quotidiano, e il fascino della civiltà sbiadisce. Lasch ha parlato di una rabbia quasi universale che dilaga nella società, appena sotto la superficie: sta crescendo e molteplici sono i suoi sintomi, che corrispondono al rifiuto di lasciare questo mondo insoddisfatti.

Adorno chiedeva: “Che cosa sarebbe la felicità se non fosse misurata dall’incommensurabile angoscia di fronte all’esistente?”. Di sicuro la condizione della vita è diventata un incubo tale da giustificare un simile interrogativo, e forse anche da indurre a pensare che qualcosa abbia preso una piega terribilmente sbagliata tantissimo tempo fa. Quanto meno dovrebbe dimostrare, entrando nello specifico, che i mezzi di riproduzione della civiltà dominante (cioè la sua tecnologia) non si possono usare per plasmare un mondo liberato.

Il signor Sammler di Saul Bellow si chiedeva: “Che cosa c’è di “comune” nella vita comune? E se qualche genio dovesse fare con la “vita comune” ciò che ha fatto Einstein con la “materia”? Scoprirne l’energia, svelarne la radiosità”. Ovviamente, dobbiamo tutti essere quell’”Einstein”, che è precisamente ciò che scatenerà un’energia creativa sufficiente a ridefinire completamente le condizioni dell’esistenza umana. Diecimila anni di tenebre e schiavitù, per parafrasare Vaneigem, non resisteranno a dieci giorni di rivoluzione totale, che comporterà la ricostruzione simultanea di noi stessi. Chi non odia la vita moderna? Può il condizionamento che ancora rimane sopravvivere a una tale esplosione di vita, che ne elimini inesorabilmente le fonti?

                      primitive future

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15 anni fa

Ogni agosto, anno dopo anno, le montagne del sudest messicano si preparano per partorire un'alba particolarmente luminosa. Ne ignoro le cause scientifiche, ma in quest'alba, una sola in tutto lo sconcertante agosto, la luna è un'altalena di madreperlaceo dondolio, le stelle si sistemano per fare da contorno e la Via Lattea illumina orgogliosa le sue mille ferite di luce coagulata. Questo agosto di fine millennio, il calendario annunciava il sesto giorno quando è apparsa quest'alba. Così, con il dondolio della luna, è arrivato il ricordo di un altro agosto ed un altro 6, quando 15 anni fa iniziava il mio ingresso in queste montagne che sono state e sono, senza volerlo né propormelo, casa, scuola, strada e porto. Cominciai ad entrare in agosto e non smisi di farlo fino a settembre.
Devo confessare che mentre salivo faticosamente la prima delle ripide alture che abbondano in queste terre, sentivo che sarebbe stata l'ultima. Non pensavo alla rivoluzione, agli alti ideali dell'essere umano o al futuro luminoso per i diseredati e i dimenticati di sempre.
No, pensavo di aver preso la peggior decisione della mia vita, che il dolore che mi opprimeva sempre di più il petto avrebbe finito per ostruire la già rachitica entrata dell'aria, che sarebbe stato meglio tornare indietro e lasciare che la rivoluzione si facesse senza di me ed altri simili ragionamenti. Se allora non tornai indietro fu semplicemente perché non conoscevo la strada del ritorno e sapevo solamente che dovevo seguire il compagno che mi precedeva e che, a giudicare dal sigaro che fumava mentre affront
ava il fango senza alcuna difficoltà, sembrava stesse facendo una passeggiata. Non pensavo che un giorno avrei potuto salire una collina fumando senza sentirmi morire ad ogni passo, nemmeno che avrei potuto evitare il fango tanto abbondante qui in basso quanto le stelle lassù in alto. No, io proprio non pensavo, ero concentrato su ogni respiro che tentavo di fare.

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