15 anni fa

Ogni agosto, anno dopo anno, le montagne del sudest messicano si preparano per partorire un'alba particolarmente luminosa. Ne ignoro le cause scientifiche, ma in quest'alba, una sola in tutto lo sconcertante agosto, la luna è un'altalena di madreperlaceo dondolio, le stelle si sistemano per fare da contorno e la Via Lattea illumina orgogliosa le sue mille ferite di luce coagulata. Questo agosto di fine millennio, il calendario annunciava il sesto giorno quando è apparsa quest'alba. Così, con il dondolio della luna, è arrivato il ricordo di un altro agosto ed un altro 6, quando 15 anni fa iniziava il mio ingresso in queste montagne che sono state e sono, senza volerlo né propormelo, casa, scuola, strada e porto. Cominciai ad entrare in agosto e non smisi di farlo fino a settembre.
Devo confessare che mentre salivo faticosamente la prima delle ripide alture che abbondano in queste terre, sentivo che sarebbe stata l'ultima. Non pensavo alla rivoluzione, agli alti ideali dell'essere umano o al futuro luminoso per i diseredati e i dimenticati di sempre.
No, pensavo di aver preso la peggior decisione della mia vita, che il dolore che mi opprimeva sempre di più il petto avrebbe finito per ostruire la già rachitica entrata dell'aria, che sarebbe stato meglio tornare indietro e lasciare che la rivoluzione si facesse senza di me ed altri simili ragionamenti. Se allora non tornai indietro fu semplicemente perché non conoscevo la strada del ritorno e sapevo solamente che dovevo seguire il compagno che mi precedeva e che, a giudicare dal sigaro che fumava mentre affront
ava il fango senza alcuna difficoltà, sembrava stesse facendo una passeggiata. Non pensavo che un giorno avrei potuto salire una collina fumando senza sentirmi morire ad ogni passo, nemmeno che avrei potuto evitare il fango tanto abbondante qui in basso quanto le stelle lassù in alto. No, io proprio non pensavo, ero concentrato su ogni respiro che tentavo di fare.

Ad un certo momento raggiungemmo la punta più alta della collina e chi era al comando della rachitica colonna (eravamo in 3) disse che avremmo riposato lì. Mi lasciai cadere nel fango e mi dissi che forse non sarebbe stato difficile trovare la strada del ritorno, che bastava camminare verso il basso un'altra eternità e che un giorno sarei arrivato nel punto in cui il camion ci aveva lasciato. Stavo facendo mille calcoli, compresi i pretesti che avrei dato agli altri e a me stesso per aver abbandonato l'inizio della mia carriera di guerrigliero, quando il compagno mi si avvicinò e mi offrì una sigaretta. Rifiutai con la testa, non perché non volevo parlare, ma perché tentati di dire "no grazie" ma mi uscì solo un gemito.
Dopo un momento, approfittando del fatto che la persona che era al comando si era appartata per soddisfare una necessità biologica che dicono primaria, mi appoggiai come potei sul vecchio fucile calibro 20. che portavo più come un bastone che come arma da combattimento. Potei quindi vedere dall'alto di questa montagna qualcosa che mi toccò profondamente.
No, non guardai verso il basso, non verso il percorso contorto del fiume, né verso le deboli luci dei fuochi che mal illuminavano un gruppo di case lontano, nemmeno verso le montagne vicine che disegnavano la valle punteggiata di piccoli villaggi, campi e pascoli.
Guardai verso l'alto. Vidi un cielo che era regalo e sollievo, no, meglio, una promessa. La luna era un'altalena sorridente e notturna, le stelle lanciavano luci azzurre ed il vecchio serpente dalle ferite luminose che voi chiamate "Via Lattea" sembrava riposare la sua testa là, molto lontano.
Rimasi a guardare per un attimo, sapendo che avevo dovuto salire questa collina indemoniata per vedere quest'alba, che erano necessari il fango, gli scivoloni, le pietre che facevano male fuori e dentro la pelle, i polmoni stanchi ed incapaci di inalare l'aria necessaria, le gambe contratte dai crampi, l'angustiato afferrarsi al fucile-bastone per poter così liberare gli stivali dalla prigione del fango, il senso di solitudine e desolazione, il peso sulle spalle (che seppi poi, era solo simbolico, perché in realtà si portava sempre il triplo o anche di più; ma questo "simbolo" a me pesava tonnellate), che tutto questo – e molto altro che sarebbe venuto poi – era ciò che aveva reso possibile che questa luna, queste stelle e questa Via Lattea fossero lì e non in qualche altro posto.
Quando sentii alle mie spalle l'ordine di riprendere la marcia, lassù nel cielo una stella, sicuramente stanca di stare sottomessa al tetto nero, riuscì a liberarsi e cadendo, tracciò sulla lavagna notturna un segno breve e fugace. "Siamo questo – mi dissi – stelle cadenti che graffiano appena con uno scarabocchio il cielo della storia". Mi sembrò di averlo solo pensato, ma sembrò che lo avessi fatto a voce alta perché il compagno domandò: "Che cosa ha detto?". "Non so – rispose chi era al comando – forse ha la febbre. Dobbiamo affrettarci".
Questo accadde 15 anni fa. 30 anni fa alcuni graffiarono la storia e, sapendolo, iniziarono a chiamarne molti altri affinché a forza di graffi, graffietti e strappi si rompesse il velo della storia e si vedesse la luce, che altro non è che la lotta che stiamo facendo. E quando ci domandano che cosa vogliamo, noi rispondiamo: "Aprire una breccia nella storia".
Forse vi domanderete che cosa ne fu delle mie intenzioni di tornare indietro ed di abbandonare la vita del guerrigliero e magari supponete che la vista di quella prima alba sulla montagna mi avesse fatto abbandonare l'idea di fuggire, mi avesse risollevato il morale e avesse rinsaldato la mia coscienza rivoluzionaria. Vi sbagliate. Misi in atto il mio piano e scesi dalla collina. Quello che accadde invece è che sbagliai strada, invece di prendere la discesa che mi avrebbe riportato sulla strada e da lì verso la "civilizzazione", scesi dal lato che si addentrava nella selva e che mi portò ad un'altra collina e poi ad un'altra ed a un'altra ancora.
Questo accadde 15 anni fa, da allora continuo a salire alture e continuo a sbagliare la strada verso il basso, ma agosto ogni 6, continua a partorire un'alba speciale e tutti noi continuiamo ad essere stelle cadenti che graffiano appena la storia.
Saluti di noce, e… un momento! Aspettate! Che cos'è che brilla in lontananza? Sembra una fessura.
Il Sup in cima alla collina che lancia una moneta per vedere verso quale pendio deve scendere.

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